In un testo divulgativo molto usato, "Journalism. A very short introduction" (Oxford University Press, 2003, 2005), l’inglese Ian Hargreaves, giornalista e professore universitario, scrive:
"In effetti, le uniche società in cui l’ammissione alla pratica del giornalismo è controllata sono quelle che hanno abbandonato o non hanno mai conosciuto la democrazia, come l’Unione Sovietica nel periodo della guerra fredda, o numerosi paesi in Africa, Medio Oriente e Asia. L’obbligo di appartenere a una «unione di giornalisti» o a un «club della stampa» approvati dallo stato garantisce che il giornalismo vero, se esiste, avrà luogo per sotterfugio. Il diritto fondamentale alla libera espressione democratica dà, in linea di principio, a ogni cittadino il diritto di essere un giornalista, per segnalare un fatto, e di pubblicare un parere. Il giornalismo, secondo questa linea di ragionamento, è filosoficamente e praticamente al di là della regolamentazione da parte di qualsiasi organismo associato con lo stato. Persino il porre un forte accento sulla formazione o gli standard professionali può ridurre questa necessaria libertà: come la libera espressione garantisce la tolleranza per la pornografia e i brutti romanzi, così pure deve distogliere gli occhi dal cattivo giornalismo. L’alternativa trasforma il giornalismo in un altro ramo del potere costituito".
da Il web e l'arte della manutenzione della notizia di Alessandro Gazoia (jumpinshark)
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