venerdì 15 maggio 2015

Andrea of Finland


Una tragica sera di giugno di quest’anno il genius di Andrea Pazienza è volato via, verso il paradiso degli eroi, trascinando con sé ricordi, giornate difficili, scazzi, incomprensioni, fughe, abbracci sinceri, dediche sui frontespizi dei suoi libri, che ora rileggo con lo strazio di un vecchio sentimentale.

Non sarò certo io, che non amo né la retorica post mortem, né l’agiografia, a stendere qui una tra le molte, e più tardive, orazioni funebri. Vorrei invece scrivere una specie di ballata per un amico che non è più, un’ode per un artista che, al pari di tanti altri coetanei, si è bruciato inseguendo quella particolare follia che solo i grandi talenti conoscono, uno spreco di energie e di vita che fatalmente accorcia i tempi dell’esistenza, li dimezza, li azzera. Così, mentre lo si piange, è necessario porsi la solita, ottusa, domanda: “A chi appartiene la vita di un artista?” Ognuno può rispondere come crede.

Vorrei raccontare del carattere solare e generosissimo di Andrea (che regalava a chiunque tavole e disegni); della sua ospitalità, che offriva disinteressatamente a chi aveva conosciuto magari solamente la sera prima; della sua passione – che definivamo “terruncella” – per le grandi auto iperaccessoriate, per le schiere di fanali, i sedili rivestiti di montone o di velluto leopardato come nei film di Almodóvar, i clacson, le luci, i portafortuna, al punto che quando mi vide alla guida di una Rover, la sua stima nei miei confronti raggiunse il culmine, con grandi pacche sulle spalle e abbracci e “noi, sì, che ce ne intendiamo di macchine”.

Vorrei raccontare di quella sua spiccata propensione, tipicamente levantina, a far tresca fra uomini; potrei parlare del suo machismo, che lo portava quotidianamente in palestra a sollevare pesi o a esercitarsi nel kendo e che, sulla pagina, causava battute pesanti e fallocratiche, in pieno stile Frigidaire: sempre, però, con un’ingenuità di fondo, come quando lo vidi, abbronzatissimo, indossare orgogliosamente una canotta bianca con su stampato un disegno di Tom of Finland; gli spiegai allora che quel macho che si portava sui pettorali era, in realtà, l’emblema del gay international. Andrea fu felicissimo della scoperta, però si tolse immediatamente la maglietta e me la regalò.

Pier Vittorio Tondelli - Un weekend post-moderno. Cronache degli anni 80.

domenica 10 maggio 2015

Le tiracazzi in cabriolet di Carpi raccontate da FSF



A Carpi, comunque, per tirare le somme, molti come me ci sono da sempre venuti per svernare dal grigiore del nostro borgo a colpi di teatro e di cinema, come già detto, ma anche di beveraggi e birre di prima classe e chiacchierate per tutta la notte in quella piazza magica coi tavoli all’aperto e le tiracazzi che scendevano dai cabriolet come se avessero davanti l’Academy di Los Angeles o il Sunset Boulevard o il Grand Palais di Cannes o che so io: mica, in definitiva, un pugno di spiantati che beveva perché attorno alle vacche grasse c’è sempre da fare il coyote, insomma spacciare lucciole per lanterne; ma le tiracazzi carpigiane, niente: avanzavano il loro cicaleccio e cinguettavano fra i calici di brut e sorridevano smaglianti e, ostia, mancava solo la battuta di un amico mio – “Tutto ciò è Fitzgerald signori!!!” – per incazzarsi poi davvero e lasciare il tavolo e il conto da pagare e rientrare, maledicendo la provincia tutta quanta, Carpi in primo luogo: affanculo!

(tratto da "A Karpi! A Karpi!" di Pier Vittorio Tondelli in "Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni Ottanta")

domenica 3 maggio 2015

Kim Fashion


Elegance is the only beauty that never fades


Vision, innovation, passion: our values