martedì 8 giugno 2010

Fuga dal tempo reale

Qualche tempo fa, una vignetta pubblicata sull'ultima pagina di Internazionale, fotografava alla perfezione l'assurdità della connettività permanente di ognuno di noi, nodi di un unico immenso sistema.

Due tizi al bar.
"Hey, ho appena aggiornato Facebook, Twitter e il mio blog per informare gli amici su cosa sto facendo!"
"E cosa stai facendo?"
"Te l'ho appena detto!"

Per molti funziona ormai più o meno così: sono al cesso e lo smartphone (che non ho, ma facciamo finta che...) mi segnala l'arrivo di una nuova mail, trilla in continuazione per gli sms ricevuti, mi ricorda gli impegni successivi a quel momento di solitudine e relax rubacchiato all'imperio del tempo reale.

D'accordo, io che mi sono formato con Guccini che già allora protestava perché "nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento", il cellulare non mi sogno nemmeno di portarlo oltre la Sacra Porta, ma conosco gente - anche molto vicina - che vive col telefonino incastrato tra le chiappe.

Devo dire però che, in quest'ultimo periodo, mi pare si stia verificando una sorta di mutazione antropologica: sempre più persone rispondono a un sms solo dopo molte ore, o addirittura giorni. Alle mail dopo settimane. A volte mesi. A volte non rispondono affatto (ma questa è storia antica).

Quasi come si volesse - più o meno consapevolmente - sottrarsi alla dittatura del tempo reale (?!? E' questo qui adesso!) riportando tempo e spazio a dimensioni più antiche, e forse più naturali rispetto al bisogno (non so se di ogni uomo, ma certamente mio) di esserci/assentarsi dalla realtà.

Non ci sono.
Non sono morto.
Non sono scomparso.
Non sto male.
Solo, non ci sono e basta.

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