Oggi è la giornata nazionale contro la violenza sulle donne e qualcuno ha pensato bene di tirar fuori dal cilindro ben 10 film in cui lei, dopo la violenza subita, si vendica ferocemente e senza pietà. Più d'uno di questi magnifici dieci è pure un capolavoro. Scoprite quali sono i dieci film in cui la vendetta di lei non risparmia nessuno.
lunedì 25 novembre 2013
lunedì 4 novembre 2013
A muso duro
Su Note Modenesi, il mio servizio realizzato a quattro mani con Martino Pinna e accompagnato dalle foto di Antonio Tomeo, sull'Accademia pugilistica modenese.
C’è chi ha la faccia da sbarbatello letteralmente appena uscito da scuola e dà pugni come un duro. C’è invece chi ha la faccia da duro ma non se la sente di colpire gli altri sul ring e allora si accontenta del sacco. Alcuni lo fanno solo per tenersi in forma. Altri perché vogliono diventare dei campioni. Quasi tutti lo fanno per sfogarsi.
Noi profani, ammettiamo l’ignoranza, eravamo fermi a gente come Muhammad Ali (che ancora è un modello per tutti) o Toro Scatenato. E poi? Mike Tyson, certo, ma soprattutto perché ha riempito paginate di giornali per le sue imprese fuori dal ring. Ma le star del pugilato contemporaneo, quelle a cui si ispirano i giovani pugili del’Accademia Pugilistica Modenese, hanno nomi esotici e accattivanti come Floyd Mayweather o Manny Pacquiao. Sono le loro imprese, oggi, ad avvicinare i ragazzi al ring. In città i giovani pugili sono più di quello che ti potresti aspettare: ragazzi e – a sorpresa ma neanche tanto – anche molte ragazze: Million dollar babies…
A scorrere i nomi sulla pagina degli agonisti del sito dell’Accademia incroci nomi come Jean Marc Yao Assouman, Mohamed Yasser Rochdi, Xhulio Marleci. Scontata la risposta: quelli disposti a fare botte sono solo i cosiddetti “nuovi italiani”. E invece no, non è così. Perché dei nove pugili che praticano lo sport a livello agonistico nell’Accademia, cinque sono italiani d’antica data.
Leggi il resto dell'articolo su Note Modenesi.
C’è chi ha la faccia da sbarbatello letteralmente appena uscito da scuola e dà pugni come un duro. C’è invece chi ha la faccia da duro ma non se la sente di colpire gli altri sul ring e allora si accontenta del sacco. Alcuni lo fanno solo per tenersi in forma. Altri perché vogliono diventare dei campioni. Quasi tutti lo fanno per sfogarsi.
Noi profani, ammettiamo l’ignoranza, eravamo fermi a gente come Muhammad Ali (che ancora è un modello per tutti) o Toro Scatenato. E poi? Mike Tyson, certo, ma soprattutto perché ha riempito paginate di giornali per le sue imprese fuori dal ring. Ma le star del pugilato contemporaneo, quelle a cui si ispirano i giovani pugili del’Accademia Pugilistica Modenese, hanno nomi esotici e accattivanti come Floyd Mayweather o Manny Pacquiao. Sono le loro imprese, oggi, ad avvicinare i ragazzi al ring. In città i giovani pugili sono più di quello che ti potresti aspettare: ragazzi e – a sorpresa ma neanche tanto – anche molte ragazze: Million dollar babies…
A scorrere i nomi sulla pagina degli agonisti del sito dell’Accademia incroci nomi come Jean Marc Yao Assouman, Mohamed Yasser Rochdi, Xhulio Marleci. Scontata la risposta: quelli disposti a fare botte sono solo i cosiddetti “nuovi italiani”. E invece no, non è così. Perché dei nove pugili che praticano lo sport a livello agonistico nell’Accademia, cinque sono italiani d’antica data.
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domenica 6 ottobre 2013
Malinconica pioggia d'autunno bussa alla finestra
A ricordare tutti i romanzi non letti, quelli non scritti e quelli perduti.
lunedì 30 settembre 2013
Adiosu
Il film di Martino Pinna al quale ho collaborato anch'io. Montato a Modena nel luglio 2013.
La recensione di Vito Biolchini.
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lunedì 29 luglio 2013
martedì 11 giugno 2013
La domanda è corretta
"Sono sempre più convinto che la democrazia sia soltanto una trappola inventata dalla borghesia per governare in eterno il sistema. Bisognerà buttare tutto all'aria. Senza tanti complimenti o discorsi. Le libertà individuali sono illusioni e chimere. A cosa ti serve essere libero di dire quello che pensi se hai un salario di merda e vivi come un cane? Dici la tua, godi delle libertà cosiddette fondamentali della pseudodemocrazia ma la tua vita fa schifo. Si son fatte rivoluzioni e guerre. Si sono rovesciati governi. Niente cambia. I ricchi rimangono ricchi e i poveri sono sempre poveri. Gli sfruttati sono sempre gli stessi. La sola libertà che si deve dare ai cittadini è la libertà economica. Bisogna tornare al fondamentale: «Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni ». Più che mai, il solo vero potere è economico, ed è questo che occorre riprendere".
da “Il Club degli incorreggibili ottimisti” (Salani, 2010) di Jean-Michel Guenassia
photo credit: Jan Tik via photopin cc
da “Il Club degli incorreggibili ottimisti” (Salani, 2010) di Jean-Michel Guenassia
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lunedì 29 aprile 2013
sabato 20 aprile 2013
Giorgio II°
Passaggio di consegne al Quirinale, tra l'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il suo successore, Napolitano Giorgio.
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sabato 13 aprile 2013
martedì 26 marzo 2013
Cos’è che rende la mia vita più sacrificabile?
Le sinistre sirene di ambulanza di Born to run sembrano già un’avvisaglia di come l’ombra lunga della guerra in Vietnam si proietterà su Darkness on the edge of town. Per un giovane dell’età di Bruce e della sua classe sociale, si trattava di una faccenda piuttosto concreta. Barton Haynes, il batterista del suo primo gruppo, era rimasto ucciso a diciannove anni durante un’azione a Quang Tri. Molti ragazzi tornavano che non erano più gli stessi, e i coetanei erano terrorizzati.
Mentre gli studenti erano esclusi dalla coscrizione obbligatoria, venivano arruolati i figli di operai e i disoccupati, e fra questi anche i musicisti. Una volta Bruce ha raccontato a “Rolling Stone” di quell’autobus che lo aveva portato alla visita di leva. I due terzi dei ragazzi di Asbury Park che gli sedevano accanto erano afroamericani, e lui si era chiesto: “Cos’è che rende la mia vita o quella dei miei amici più sacrificabile di quella di uno che va a scuola?”. Dovette formarsi in quel periodo la sua idea fissa che l’essere indifesi, disinformati, in balia della mancanza di opportunità, coincidesse col destino di essere spediti in guerra.
Mentre gli studenti erano esclusi dalla coscrizione obbligatoria, venivano arruolati i figli di operai e i disoccupati, e fra questi anche i musicisti. Una volta Bruce ha raccontato a “Rolling Stone” di quell’autobus che lo aveva portato alla visita di leva. I due terzi dei ragazzi di Asbury Park che gli sedevano accanto erano afroamericani, e lui si era chiesto: “Cos’è che rende la mia vita o quella dei miei amici più sacrificabile di quella di uno che va a scuola?”. Dovette formarsi in quel periodo la sua idea fissa che l’essere indifesi, disinformati, in balia della mancanza di opportunità, coincidesse col destino di essere spediti in guerra.
(Marina Petrillo - Nativo americano. La voce folk di Bruce Springsteen)
Unidentified U.S. Army soldier, Vietnam on June 18, 1965 (Fonte: Vintage everyday). |
domenica 24 marzo 2013
L'immaginazione è geolocalizzata
L'altro giorno sono inciampato in una vecchia hit di Springsteen che non sentivo da un bel po' d'anni. Una delle sue canzoni d'amore più belle: I'm on fire. E' del 1984. Quasi trent'anni. Portati piuttosto bene.
Anche il video merita più d'una visione per come riesce a fare viaggiare la fantasia, regalando in tre minuti una bella storia malinconica di un amore impossibile. I personaggi sono Springsteen stesso, nella parte di un maccanico, e una bella ragazza (presumiamo, visto che non si vede mai in viso) forse sposata forse no, comunque ricca, che porta la macchina a riparare nell'autofficina del Boss. Che poi nel caso boss non è nemmeno, visto che il capo dell'officina è un altro che si intravede all'inizio del video.
I due hanno un breve dialogo e lei gli consegna le chiavi dell'auto.
Anche il video merita più d'una visione per come riesce a fare viaggiare la fantasia, regalando in tre minuti una bella storia malinconica di un amore impossibile. I personaggi sono Springsteen stesso, nella parte di un maccanico, e una bella ragazza (presumiamo, visto che non si vede mai in viso) forse sposata forse no, comunque ricca, che porta la macchina a riparare nell'autofficina del Boss. Che poi nel caso boss non è nemmeno, visto che il capo dell'officina è un altro che si intravede all'inizio del video.
I due hanno un breve dialogo e lei gli consegna le chiavi dell'auto.
venerdì 15 marzo 2013
giovedì 14 marzo 2013
Etica ed estetica dell'abbandono
Oggi, su la Nuova Sardegna, doppio paginone su Sardegna Abbandonata, il sito web ideato e realizzato dal mio amico Martino Pinna. Un progetto che sta diventando un film, al quale mi onoro di collaborare anch'io insieme al videomaker Alessandro Violi, oltre che a Martino.
Qui per scaricare il pdf.
Qui l'immagine ad alta risoluzione.
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mercoledì 13 marzo 2013
martedì 12 marzo 2013
L'Ordine e l'arte della manutenzione di una professione
In un testo divulgativo molto usato, "Journalism. A very short introduction" (Oxford University Press, 2003, 2005), l’inglese Ian Hargreaves, giornalista e professore universitario, scrive:
"In effetti, le uniche società in cui l’ammissione alla pratica del giornalismo è controllata sono quelle che hanno abbandonato o non hanno mai conosciuto la democrazia, come l’Unione Sovietica nel periodo della guerra fredda, o numerosi paesi in Africa, Medio Oriente e Asia. L’obbligo di appartenere a una «unione di giornalisti» o a un «club della stampa» approvati dallo stato garantisce che il giornalismo vero, se esiste, avrà luogo per sotterfugio. Il diritto fondamentale alla libera espressione democratica dà, in linea di principio, a ogni cittadino il diritto di essere un giornalista, per segnalare un fatto, e di pubblicare un parere. Il giornalismo, secondo questa linea di ragionamento, è filosoficamente e praticamente al di là della regolamentazione da parte di qualsiasi organismo associato con lo stato. Persino il porre un forte accento sulla formazione o gli standard professionali può ridurre questa necessaria libertà: come la libera espressione garantisce la tolleranza per la pornografia e i brutti romanzi, così pure deve distogliere gli occhi dal cattivo giornalismo. L’alternativa trasforma il giornalismo in un altro ramo del potere costituito".
da Il web e l'arte della manutenzione della notizia di Alessandro Gazoia (jumpinshark)
"In effetti, le uniche società in cui l’ammissione alla pratica del giornalismo è controllata sono quelle che hanno abbandonato o non hanno mai conosciuto la democrazia, come l’Unione Sovietica nel periodo della guerra fredda, o numerosi paesi in Africa, Medio Oriente e Asia. L’obbligo di appartenere a una «unione di giornalisti» o a un «club della stampa» approvati dallo stato garantisce che il giornalismo vero, se esiste, avrà luogo per sotterfugio. Il diritto fondamentale alla libera espressione democratica dà, in linea di principio, a ogni cittadino il diritto di essere un giornalista, per segnalare un fatto, e di pubblicare un parere. Il giornalismo, secondo questa linea di ragionamento, è filosoficamente e praticamente al di là della regolamentazione da parte di qualsiasi organismo associato con lo stato. Persino il porre un forte accento sulla formazione o gli standard professionali può ridurre questa necessaria libertà: come la libera espressione garantisce la tolleranza per la pornografia e i brutti romanzi, così pure deve distogliere gli occhi dal cattivo giornalismo. L’alternativa trasforma il giornalismo in un altro ramo del potere costituito".
da Il web e l'arte della manutenzione della notizia di Alessandro Gazoia (jumpinshark)
lunedì 11 marzo 2013
Il grafo
Ebbene sì, io pure grafo oltre che giornalisto e videomakero.... Collaboro con questa rivista online, Note Modenesi. Tra l'altro realizzo quasi tutte le copertine. Ecco una selezione di quelle che mi hanno dato maggiore soddisfazione.
domenica 10 marzo 2013
Quell'ingrato di un crowdfunding
A chi non finanzia gli si smaciulla la fonchia. Qui per sostenere il progetto e qui, invece, la pagina Facebook.
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lunedì 4 marzo 2013
Epica serba
Serbian epics, è un documentario (in inglese) girato nel 1992 tra i nazionalisti serbi della Republika Srpska (la Bosnia serba) dal film-maker polacco Pawel Pawlikowski. Il docu-film tenta di tracciare un'antropologia serba tra religione, storia, epica e musica, che aiuti a cogliere le ragioni della guerra nei Balcani, ovviamente da quello specifico punto di vista.
Il film comprende anche un'intervista all'allora presidente serbo-bosniaco Radovan Karadžić e vede anche la presenza dello scrittore russo Eduard Limonov, in quel periodo a fianco delle milizie serbe sulle colline sopra Sarajevo assediata.
In due ore di guerra, pensa Eduard, si impara sulla vita e sugli uomini più che in quattro decenni di pace. La guerra è sporca, è vero, la guerra non ha senso, ma, cazzo!, neanche la vita civile ha senso, per quanto è tetra e ragionevole a forza di frenare gli istinti. La verità che nessuno osa dire è che la guerra è un piacere, il più grande dei piaceri, altrimenti finirebbe subito. La guerra è come l’eroina: provata una volta, non si può più farne a meno. Parliamo di una guerra vera, naturalmente, non di «bombardamenti chirurgici» e porcate simili, buone per gli americani che vogliono fare i gendarmi in casa altrui senza rischiare i loro preziosi soldatini in combattimenti «di terra». Il piacere della guerra, della guerra vera, è innato negli uomini come quello della pace, ed è un’idiozia volerli mutilare di questo piacere ripetendo virtuosamente: la pace è buona, la guerra è cattiva. In realtà, pace e guerra sono come l’uomo e la donna, lo yin e lo yang: sono necessarie entrambe.
Emmanuel Carrère - Limonov
Il film comprende anche un'intervista all'allora presidente serbo-bosniaco Radovan Karadžić e vede anche la presenza dello scrittore russo Eduard Limonov, in quel periodo a fianco delle milizie serbe sulle colline sopra Sarajevo assediata.
In due ore di guerra, pensa Eduard, si impara sulla vita e sugli uomini più che in quattro decenni di pace. La guerra è sporca, è vero, la guerra non ha senso, ma, cazzo!, neanche la vita civile ha senso, per quanto è tetra e ragionevole a forza di frenare gli istinti. La verità che nessuno osa dire è che la guerra è un piacere, il più grande dei piaceri, altrimenti finirebbe subito. La guerra è come l’eroina: provata una volta, non si può più farne a meno. Parliamo di una guerra vera, naturalmente, non di «bombardamenti chirurgici» e porcate simili, buone per gli americani che vogliono fare i gendarmi in casa altrui senza rischiare i loro preziosi soldatini in combattimenti «di terra». Il piacere della guerra, della guerra vera, è innato negli uomini come quello della pace, ed è un’idiozia volerli mutilare di questo piacere ripetendo virtuosamente: la pace è buona, la guerra è cattiva. In realtà, pace e guerra sono come l’uomo e la donna, lo yin e lo yang: sono necessarie entrambe.
Emmanuel Carrère - Limonov
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venerdì 15 febbraio 2013
Cosa non si fa per un clic in più
Durante il festival di Sanremo di questi giorni, un gravissimo lutto colpisce il cantante dei Ricchi e Poveri, Franco Gatti. Il figlio viene trovato morto nella sua casa in Liguria. La notizia fa il giro d'Italia in un battibaleno, naturalmente. Un evento tragico che ieri, in home, corriere.it titola così: Muore di overdose il figlio di Franco il «baffo» dei «Ricchi e Poveri».
Il link del titolo rimanda naturalmente a un pezzo interno: questo. Dove però, sorpresa (si fa per dire), la notizia assume toni molto diversi. Il titolo intanto, incentrato sulle conseguenze per il festival di questa scomparsa: Muore il figlio di Franco il «baffo» dei «Ricchi e Poveri»: esibizione cancellata.
Il link del titolo rimanda naturalmente a un pezzo interno: questo. Dove però, sorpresa (si fa per dire), la notizia assume toni molto diversi. Il titolo intanto, incentrato sulle conseguenze per il festival di questa scomparsa: Muore il figlio di Franco il «baffo» dei «Ricchi e Poveri»: esibizione cancellata.
giovedì 14 febbraio 2013
Quei capolavori segreti che si potranno leggere solo tra mille anni
In Italia si leggono e si vendono sempre meno libri di
carta, crisi o non crisi. Per l'editoria tradizionale gli ultimi dati
disponibili sembrano la cronaca di una morte annunciata: -4,2% le vendite in
libreria. In calo anche chi acquista libri in edicola (-10%) e addirittura a
picco le vendite in supermercati e grandi magazzini (-17,9%). A crescere sono
solo gli e-book, i libri digitali, da acquistare e scaricare con un clic del
mouse su Internet: registrano una crescita del 740% per un fatturato 2011 di
12,6 milioni di euro.
Insomma, il futuro è segnato. Nonostante tradizionalisti e
feticisti della carta stampata, quelli che si entusiasmano per l'odore del
piombo che emanano le pagine e quel piacere al tatto che “solo la carta sa
regalare”, tra dieci, forse vent'anni, leggeremo tutti solo libri digitali. Con
buona pace di chi ama far ginnastica tenendo fra le mani best seller da mille
pagine e un chilo e mezzo di peso, presto o tardi passeremo tutti a quelle
tavolette da 100/150 grammi, i lettori di e-book. A parte gli ultimi
giapponesi, appunto. Quelli che la carta non l'abbandoneranno neanche a morire.
Quelli che, giurano, foss'anche tra cent'anni, loro il libro lo vorrebbero solo
così, come Gutenberg l'ha creato: di carta.
mercoledì 6 febbraio 2013
Nessuna start-up in particolare. Anzi no: una
Ogni tanto un po' di self-marketing fa bene all'autostima, e di conseguenza alla salute. In questo spezzone di un'intervista di qualche giorno fa sui trend 2013 per le start-up, Riccardo Donandon, titolare del più importante incubatore tecnologico italiano, H-Farm, parla del "gioiellino" tra le aziende create all'interno dell'incubatore. Anche se lui non lo dice, è quella che ho inventato io. Beh... un po' di soddisfazione.
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