venerdì 25 settembre 2015

Memerang.wordpress.com

Dopo tanti anni, cambio piattaforma passando a wordpress. I miei nuovi post si troveranno a questo indirizzo: https://memerang.wordpress.com/


[memerang in malese vuol dire castoro, animale che mi è sempre piaciuto]

venerdì 18 settembre 2015

Ritratto apocrifo di signora - Converso 02

Quasi due terzi degli emiliano-romagnoli abitano, vivono, lavorano, mangiano e dormono nell'area segnata dai 262 chilometri della via Emilia. “Tanto servì e tanto seppe questa strada, che la gente chiamò infine la regione dalla strada, non la strada dalla regione” ha scritto il bolognese Riccardo Bacchelli. La via Emilia è l’Emilia. Una regione unica - “il nord del sud e il sud del nord”- che da sempre ha fatto da collante all'Italia intera. Grazie a una raccolta di crowdfunding, grazie all'aiuto di due “esperti” incaricati di far tappa nei bar lungo la strada per stabilire quale siano #imiglioribardellaviaemilia, abbiamo ripercorso l'antica strada consolare romana da Piacenza a Rimini. Un viaggio picaresco per scoprire cosa ne è oggi, dopo 2200 anni, di una delle strade definite di recente da un quotidiano inglese (a dire il vero, più esperto di tette che di viabilità) “una delle venti più interessanti al mondo”. Un reportage che ben presto si è trasformato in un tour sentimentale, in qualche modo iniziato oltre trent'anni fa, di traverso all'Emilia - in definitiva una gran signora - e la sua via.




giovedì 17 settembre 2015

I miei video per Converso

I miei video reportage (da solo o in collaborazione) realizzati per il magazine Converso.

Qui il canale YouTube.


Vite da appassionati di BDSM, bondage e disciplina, dominazione e sottomissione, sadismo e masochismo. Insomma, il sesso vissuto come pratica a volte estrema. Come un gioco in cui l'atto sessuale vero e proprio è solo la conclusione di un lungo roleplay preliminare dove, accanto all'eccitazione dei sensi, si sperimentano violente emozioni che hanno più a che fare con la psiche (di ciascuno di noi).




Un universo perfetto, simmetrico, ma anche estremamente fragile. Soprattutto, al solito, perchè ci si mette di mezzo l'uomo. Viaggio nel meraviglioso mondo delle api, l'insetto che, a ragion veduta, possiamo considerare il "migliore amico dell'uomo".




Elisa, Elena e Patrizia fanno parte di un gruppo di una trentina di persone che si sono ritagliate un piccolo spazio in periferia per fare, insieme, una delle attività più antiche dell'umanità: coltivare. L'agricoltura familiare, compresa quella micro da terrazzi di città, sta ritornando in voga. Ma la crisi economica non c'entra. Piuttosto, è la voglia di piantare (le proprie) radici nella terra nell'epoca della rivoluzione digitale.




"Link" significa "legame", la teoria scientifica in base alla quale la crudeltà su animali è propedeutica e indissolubilmente connessa all'attuazione di comportamenti violenti e criminali anche nei confronti delle persone. Questo video racconta alcuni comportamenti deviati che vengono attuati sia sugli animali che sugli esseri umani.




C'è chi considera la legge 194, quella sull'interruzione volontaria della gravidanza, una "fabbrica della morte" e vorrebbe abolirla. E chi invece la difende a spada tratta come "una delle migliori leggi possibili". In realtà nessun politico oggi si sognerebbe di proporre l'abolizione della legge, però cresce il numero dei medici obiettori di coscienza, ormai quasi 2 su 3 sul territorio nazionale, e la sua applicazione diventa sempre più complicata. Un modo forse più subdolo per mandare in crisi quella che in moltissimi considerano, a quasi 40 anni dalla sua approvazione, una "legge di civiltà".




Proprio in questi giorni, per i fedeli musulmani di tutto il mondo, è cominciato il Ramadan, il mese del Digiuno. Lo festeggeranno anche molte donne, figlie di immigrati ma nate e vissute in Italia - e ormai italiane a tutti gli effetti - che hanno scelto di indossare il velo come simbolo identitario. Personale in primo luogo, ma anche di un'Italia che cambia, volente o nolente, segnata dalla contaminazione di culture differenti.




Essere gay può essere molto pericoloso. Nel mondo sono 91 i paesi in cui i comportamenti omosessuali, anche praticati in casa propria, sono illegali. In 7 di di questi è prevista la pena di morte. Ecco perché in Italia la richiesta di asilo per motivi di discriminazione sessuale viene generalmente accettata una volta che riconosciuta - anche grazie all'aiuto fornito da Arcigay - l'effettiva omosessualità del richiedente.




Per la prima volta nella storia della "rossa" Modena, il candidato sindaco del PD, Gian Carlo Muzzarelli, dovrà misurarsi al ballottaggio del prossimo 8 giugno con l'esponente del M5S Marco Bortolotti. Lo farà dall'alto del suo 49,7 per cento ottenuto al primo turno. Un risultato eccellente ma che in questa roccaforte dell'Emilia rossa rappresenta un campanello d'allarme. Ecco perché una quasi vittoria sembra più una grande sconfitta.




Cinque trentenni laureati, tutti lavoratori anche se precari, decidono di vivere insieme in una grande casa di campagna. Una scelta che per quattro anni li tiene uniti. Poi qualcosa cambia e il quintetto decide di dividersi. Ma solo un po'. Una storia di ragazzi e ragazze che cercano di rispondere a loro modo, facendo gruppo, al bisogno di sentirsi meno soli in una società dove è sempre più difficile riuscire a mettere in piedi una nuova famiglia.




Viaggio nel mondo della tossicodipendenza da sostanze psicotrope.




La storia di Manuela, e titolare di un negozio di biancheria intima e di un wine bar unici.




"Esserci" nell'epoca dei social network.




Vite da pole dancer.

mercoledì 16 settembre 2015

Il morto continua a camminare - Converso 01

A fine anni Settanta esce in Italia in un'edizione pirata "Il morto" di Georges Bataille. Si tratta di un racconto postumo che sviluppa alcuni dei suoi temi classici: l'erotismo, la morte, la trasgressione. L'artista modenese Daniele Lugli se ne innamora subito e insieme all'amico Paolo Montanari riduce in forma di fotoromanzo l'opera dello scrittore e filosofo francese. Da qui comincia la lunga odissea tra Italia e Francia per tentarne la pubblicazione. Nonostante all'epoca goda del pieno sostegno di personaggi come Roland Topor del Movimento Panico, il fotoromanzo resta ancora oggi inedito. La vicenda de "Il morto" è dunque la storia di una sconfitta. Dopo due anni di tentativi, Lugli e Montanari gettano la spugna e si rassegnano a lasciarlo in un cassetto. E' la resa. Invincibile. Come quella dell'intera generazione di cui hanno fatto parte.


martedì 15 settembre 2015

Balkan is nothing

"«Non riuscirò mai a capire come sia potuto accadere», disse la scrittrice Rebecca West a suo marito nel 1936, mentre si trovavano sul balcone del municipio di Sarajevo. Non che mancassero elementi, aggiunse, il problema è che ce n'erano troppi".


 Non avrei potuto trovare spunto più pertinente per presentare il reportage che ho realizzato insieme a Antonio Poser. La Bosnia è geograficamente ai margini dell'Unione e, come la sua favolosa capitale, Sarajevo, è un posto dove "non ci si passa, ci si deve andare apposta". Eppure un viaggio in Bosnia significa immergersi nel cuore del continente. E nelle sue tenebre, passate e presenti.

venerdì 10 luglio 2015

Coral negro de La Habana

Enloquezco de ganas de dormir a su ladito porque Dios! que esta Flaca a mi me tiene loquito.

venerdì 15 maggio 2015

Andrea of Finland


Una tragica sera di giugno di quest’anno il genius di Andrea Pazienza è volato via, verso il paradiso degli eroi, trascinando con sé ricordi, giornate difficili, scazzi, incomprensioni, fughe, abbracci sinceri, dediche sui frontespizi dei suoi libri, che ora rileggo con lo strazio di un vecchio sentimentale.

Non sarò certo io, che non amo né la retorica post mortem, né l’agiografia, a stendere qui una tra le molte, e più tardive, orazioni funebri. Vorrei invece scrivere una specie di ballata per un amico che non è più, un’ode per un artista che, al pari di tanti altri coetanei, si è bruciato inseguendo quella particolare follia che solo i grandi talenti conoscono, uno spreco di energie e di vita che fatalmente accorcia i tempi dell’esistenza, li dimezza, li azzera. Così, mentre lo si piange, è necessario porsi la solita, ottusa, domanda: “A chi appartiene la vita di un artista?” Ognuno può rispondere come crede.

Vorrei raccontare del carattere solare e generosissimo di Andrea (che regalava a chiunque tavole e disegni); della sua ospitalità, che offriva disinteressatamente a chi aveva conosciuto magari solamente la sera prima; della sua passione – che definivamo “terruncella” – per le grandi auto iperaccessoriate, per le schiere di fanali, i sedili rivestiti di montone o di velluto leopardato come nei film di Almodóvar, i clacson, le luci, i portafortuna, al punto che quando mi vide alla guida di una Rover, la sua stima nei miei confronti raggiunse il culmine, con grandi pacche sulle spalle e abbracci e “noi, sì, che ce ne intendiamo di macchine”.

Vorrei raccontare di quella sua spiccata propensione, tipicamente levantina, a far tresca fra uomini; potrei parlare del suo machismo, che lo portava quotidianamente in palestra a sollevare pesi o a esercitarsi nel kendo e che, sulla pagina, causava battute pesanti e fallocratiche, in pieno stile Frigidaire: sempre, però, con un’ingenuità di fondo, come quando lo vidi, abbronzatissimo, indossare orgogliosamente una canotta bianca con su stampato un disegno di Tom of Finland; gli spiegai allora che quel macho che si portava sui pettorali era, in realtà, l’emblema del gay international. Andrea fu felicissimo della scoperta, però si tolse immediatamente la maglietta e me la regalò.

Pier Vittorio Tondelli - Un weekend post-moderno. Cronache degli anni 80.

domenica 10 maggio 2015

Le tiracazzi in cabriolet di Carpi raccontate da FSF



A Carpi, comunque, per tirare le somme, molti come me ci sono da sempre venuti per svernare dal grigiore del nostro borgo a colpi di teatro e di cinema, come già detto, ma anche di beveraggi e birre di prima classe e chiacchierate per tutta la notte in quella piazza magica coi tavoli all’aperto e le tiracazzi che scendevano dai cabriolet come se avessero davanti l’Academy di Los Angeles o il Sunset Boulevard o il Grand Palais di Cannes o che so io: mica, in definitiva, un pugno di spiantati che beveva perché attorno alle vacche grasse c’è sempre da fare il coyote, insomma spacciare lucciole per lanterne; ma le tiracazzi carpigiane, niente: avanzavano il loro cicaleccio e cinguettavano fra i calici di brut e sorridevano smaglianti e, ostia, mancava solo la battuta di un amico mio – “Tutto ciò è Fitzgerald signori!!!” – per incazzarsi poi davvero e lasciare il tavolo e il conto da pagare e rientrare, maledicendo la provincia tutta quanta, Carpi in primo luogo: affanculo!

(tratto da "A Karpi! A Karpi!" di Pier Vittorio Tondelli in "Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni Ottanta")

domenica 3 maggio 2015

Kim Fashion


Elegance is the only beauty that never fades


Vision, innovation, passion: our values

sabato 18 aprile 2015

One thing you can't hide

You can wear a mask and paint your face
You can call yourself the human race
You can wear a collar and a tie
One thing you can't hide
Is when you're crippled inside




lunedì 6 aprile 2015

Meno 1

You've got to have something to eat and a little love in your life before you can hold still for any damn body's sermon on how to behave.



domenica 5 aprile 2015

Meno 2

Don't threaten me with love, baby. Let's just go walking in the rain.



sabato 4 aprile 2015

Gli italiani veri stanno a Mosca

Su Converso, il mio articolo sul bellissimo documentario di Giuni Ligabue, Marco Raffaini e Marco Mello - "Italiani veri" - che racconta della folle passione dei russi per le nostre canzonette.

mercoledì 1 aprile 2015

Bogey Woogie

I've been around a long time. Maybe the people like me.




Spaghetti d'aprile

Il servizio BBC del 1 aprile 1957 sull'albero di "spaghetti" coltivato in Svizzera, nel Canton Ticino. Ci credettero in molti.


martedì 31 marzo 2015

You can screw

You think this will get me to move out? You can screw Ted, you can screw the butcher, the mailman, whoever you want! Screw all! I'm not going anywhere.

lunedì 30 marzo 2015

I delinquenti di Modena

Per me, una delle più belle canzoni dei Modena City Ramblers. Quella con cui nel loro primo album, "Riportando tutti a casa", presentano se stessi.


Qui la traduzione dal dialetto modenese:

Arriviamo tardi alla sera
con gli strumenti nel baule
abbiamo il basso e la chitarra e poi il violino,
abbiamo delle macchine che han fatto tutte la guerra
c'e' quella di Lucio che ha un cartone attorno alla portiera.

Ma eh oh siamo la banda
siamo venuti qua per suonare
non si prende neanche un soldo
ma c'è da fare un gran casino.

Siamo la banda dei suonatori
con due tamburi e neanche un soldo
siamo venuti per far festa tutta sera.

Siamo la banda dei suonatori
quelli del violino e del folk
siamo venuti per far festa tutta sera.

Ci sono i delinquenti di Modena
i delinquenti di Modena.
Ci sono i delinquenti di Modena
i delinquenti di Modena.

Siamo vestiti come i poveretti
abbiamo delle facce che fanno spavento
c'è un bancario, un dottore e degli sfigati.

Ma eh oh quando si parte
ci viene "della mossa", ci viene del casino
e uno due tre quattro la gente diventa matta.

Si va in giro per montagna
e per la Bassa a occhi chiusi
il primo che si addormenta
prende uno schiaffo sui denti.

Siamo la banda dei suonatori
con due tamburi e neanche un soldo
siam venuti per far festa tutta la sera.

Siamo la  banda i suonatori
quelli del violino e del folk
siamo venuti a far casino tutta sera.

Ci sono i delinquenti di Modena
i delinquenti di modena.
Ci sono i delinquenti di Modena
i delinquenti di modena.

giovedì 26 marzo 2015

Scemi di guerra

Come ogni altro luogo abbandonato, l’ex manicomio di Colorno, nel parmense, è popolato da fantasmi. Con una differenza fondamentale: le ombre che oggi abitano le camerate fatiscenti di questo enorme labirinto sono stati fantasmi anche in vita.

 Dall’apertura del manicomio, nel 1873, fino alla chiusura definitiva una ventina d’anni fa, sono state circa 16 mila le persone ricoverate qui, tante quante le cartelle cliniche conservate nell’archivio storico dell’ex ospedale. Donne e uomini affetti da alcolismo, demenza, imbecillità, idiozia, cretinismo, paranoia, psicosi ciclotimica, schizofrenia, paranoia. L’intero campionario di malattie mentali conosciute dall’Ottocento ad oggi.


 Pazienti ricoverati alcuni per decenni, altri per pochi mesi. Come la maggior parte dei 285 militari che tra il 1915 e il ’18 transitano per questa struttura di retrovia, in preda a impazzimento per l’incapacità di dare un senso alla follia nella quale erano stati catapultati – morte, violenza, sangue, fango e merda – e che l’istituzione manicomiale era incaricata di recuperare nel più breve tempo possibile e rispedire, di nuovo “abili e arruolati”, al fronte.

Sono i cosiddetti “scemi di guerra”. Una definizione ormai dimenticata per contrassegnare queste vittime di situazioni talmente abnormi, un continuo “stato d’assedio” fisico e psicologico, tale da risultare insostenibile e portare alla follia. Un’espressione popolare che troverà a lungo eco nel bonario rimprovero che alcuni anziani ancora oggi ricordano: “Non fare lo scemo di guerra in tempo di pace”.

Continua a leggere su Converso il mio reportage, realizzato insieme a Martino Pinna, "Stato d'assedio permanente". 

Il video

giovedì 19 marzo 2015

Non sei riuscita a cambiarmi

Non ricordo esattamente l'anno, di sicuro intorno alla metà dei Settanta. Ero un bambino allora. Mio padre mi portò con sé una sera a Pordenone a vedere un concerto di Fabrizio De André. Ricordo un capannone che allora mi parve immenso con lui e la band su un palco appena rialzato dal suolo. E un fumo talmente denso che per tutto il concerto mi bruciarono gli occhi.

Ad un certo punto, dal pubblico, che allora dialogava con chi stava sul palco, uno chiese a De André di suonare "Il bombarolo". Lui ci pensò solo un secondo, poi disse: "Quella canzone da sola non ha senso, è parte di un concept album, quindi se volete vi canto l'intero disco".
Boato del pubblico. E via con nove canzoni in più rispetto a quelle previste in scaletta.

Fu in quell'occasione che ascoltai per la prima volta "Verranno a chiederti del nostro amore".


Digli pure che il potere io l'ho scagliato dalle mani 
dove l'amore non era adulto e ti lasciavo graffi sui seni 


per ritornare dopo l'amore 
alle carezze dell'amore 
era facile ormai 

non sei riuscita a cambiarmi 
non ti ho cambiata lo sai. 

Il testo mi è tornato in mente quando qualche giorno fa ho trovato la frase che adesso campeggia sull'header di questo blog: "Gli unici uomini di potere che ho conosciuto sono quelli che si sono chinati per raccoglierlo". Frase quanto mai vera. Nessuno, almeno tra gli uomini "di potere" che ho conosciuto personalmente, per raggiungerlo non ha dovuto piegare la schiena e inchinarsi a leccare il culo di chi lo deteneva prima di lui. In attesa del proprio turno. Che poi, certo, alla fine è arrivato. Grande o piccolo che sia. Perché il potere è prima di tutto una condizione dello spirito.

Inizialmente ho pensato che la mia mancata "condizione dello spirito" sia dovuta agli anni in cui mi sono formato, i Settanta. Per dire, da ragazzino qualcuno aveva affittato sotto casa mia un negozio in cui metteva a disposizione di chi entrava materiali - libri, opuscoli, manifesti - sull'esperienza di Salvador Allende in Cile e il successivo golpe di Augusto Pinochet. Oggi ho un negozio che vende cellulari. 

Ma poi no, ho capito che non è vero. Che non c'entra niente. Che molta gente formatasi negli anni Settanta - molto più di quanto teoricamente abbia potuto farlo io che, anagraficamente, dovrei considerare come "anni di formazione" gli Ottanta - ha scelto tranquillamente di non scagliare il potere dalle mani, ma di provare (riuscendoci benissimo) a raccoglierlo.

L'arte della sconfitta è un'abilità tipica dell'hombre vertical, uno che ce l'ha nel sangue: una certezza quasi matematica. Un po' come Hector Cuper, ex allenatore dell'Inter. Un maestro in materia. Con, in più, la tragica grandezza di essere riuscito a macchiare perfino l'unica cosa che nessuno gli aveva mai negato: la dignità.

Un'epopea, la sua, che raggiunge quasi la perfezione. 


Cult de la personalìt

Experimenti graphici legati al cult de la personalìt.









What?


La Kimunology che a lungo ha fatto da testata di questo blog.

mercoledì 18 marzo 2015

E la pioggia di marzo è quello che è

la speranza di vita che porti con te.


Immagino che chi non è appassionato di musica brasiliana non abbia minimamente idea di chi sia la ragazza felice immortalata in questo scatto. E' Elis Regina, stupenda cantante considerata la regina della Bossa Nova dagli anni '60 fino alla fine dei Settanta. Oltre i confini nazionali è famosa in tutto il mondo soprattutto per aver interpretato insieme a Antônio Carlos Jobim che ne è l'autore, quella che è ritenuta la più bella canzone brasiliana di tutti i tempi: "Águas de março" (bellissima anche la versione italiana di Ivano Fossati, "La pioggia di marzo"). 

Curiosità che segnala Massimo Cotto nel suo libro "We will rock you": marzo, in Brasile, è il mese più piovoso dell’anno, caratterizzato da diluvi che portano anche a inondazioni e vento forte, e le acque di marzo sono quelle che annunciano l’inverno e, metaforicamente, la caduta, la notte, la morte. Nell’altro emisfero marzo è l’avvisaglia della primavera, è il freddo che va, il risveglio degli uccelli, quindi il sole, la luce, il domani che si schiude.

É un bell'orizzonte, é una febbre terzana 
Sono le piogge di marzo che chiudono l'estate,
É la promessa di vita nel tuo cuore 
É legno, é pietra, é la fine della strada
É un resto di tronco, é (qualcuno) un po' solo 
É legno, é pietra, é la fine della strada
É un resto di tronco, é (qualcuno) un po' solo.


Elis Regina, soprannominata anche "Furacão" (uragano) e "Pimentinha" (peperoncino) per il suo temperamento vivace ed energico, morì a soli 37 anni, il 19 gennaio 1982, secondo quanto riportato dall'autopsia, per un'intossicazione dovuta a un mix di cocaina e alcol. Meravigliosa anche la versione di "Águas de março" senza Jobim. Con l'indimenticabile sorriso finale di Elis.
 

martedì 17 marzo 2015

L'unico Reagan che conosco


Ci fu anche quella mattina che mi trovavo in un albergo di Dublino alla cerimonia del peso per il mio incontro con Blue Lewis. Appena scesi dalla bilancia, un ragazzino si fece largo tra la folla per chiedermi un autografo. Capii subito che era americano e gli domandai come si chiamava.
«Michael Reagan» disse.
Scrissi «A Michael Reagan» e aggiunsi: «L'unico Reagan che conosco è Ronald Reagan, il governatore della California».
«E' mio padre».
 Alzai la testa e lui arrossì, poi levò il pugno nel saluto del Black Power e mi sorrise. Poi più tardi vidi suo padre che stava aspettando l'ascensore e lo sentì lamentarsi con i suoi amici. «Non so cosa sia capitato a Michael stamattina. C'era qui Muhammad Ali per il peso e io non sono riuscito a tenerlo in camera sua».
Non so se suo padre mi avesse riconosciuto: certo non lo diede a vedere, e io comunque non m'aspettavo che lo facesse. In California aveva fatto tutto il possibile per escludermi dalla boxe definendomi un perdigiorno "ingrato" e "antipatriota". Aveva minacciato addirittura una legge perché non potessi battermi in California. E per quattro anni non avevo potuto metter piede nel suo Stato. Ma non era riuscito a trasmettere a suo figlio i propri pregiudizi.

Tratto da "Il più grande".



domenica 8 marzo 2015

La bellezza che passa da Ipanema

Vinícius de Moraes, poeta laureato, e Antonio Carlos Jobim, musicista di rango, sono innamorati delle bellezze di Rio de Janeiro, ovvero la natura e le ragazze. Ne parlano spesso nel locale che frequentano, il Veloso, a Ipanema, in Rua Montenegro. Ripetono spesso quello che si dice in città, che Dio fece il mondo in cinque giorni e poi si tenne il sesto per fare Rio, prima di riposarsi il settimo giorno. Prendono appunti che poi diverranno canzoni, successi di una serie che pare infinita.

Ogni giorno di quel 1962 vedono passare una ragazza meravigliosa. Ha quindici anni, si chiama Heloísa Eneida Menezes Pais Pinto, per le amiche Helò. Abita vicino al locale, al numero 22 della stessa via dove si trova il Veloso. È alta, pelle scura, occhi azzurri, bellissima. Ma non è solo la bellezza a incantare Vinícius. È l’insieme.

Tre anni dopo il primo incontro, quando la canzone avrà già fatto il giro del mondo, Vinícius spiegherà in un’intervista perché erano innamorati di lei: «Lei fu ed è per noi l’esempio di un bocciolo carioca; una ragazza con l’abbronzatura dorata, un misto di un fiore e di una sirena, piena di splendore e di grazia, ma con lo sguardo anche triste, che si porta con sé, sulla strada verso il mare, il sentimento della giovinezza che passa, della bellezza che non è solo nostra – dono della vita nel suo incessante meraviglioso e melanconico fluire e rifluire».


I due le vogliono dedicare una canzone e la scrivono separatamente, Jobim nella sua casa di Rua Barao da Torre, ovviamente a Ipanema; Vinícius a Petropolis, nei pressi di Rio. La prima versione s’intitola Menina que passa, la ragazza che passa; diventerà Garota de Ipanema, la ragazza di Ipanema. La prima esibizione dal vivo fu eseguita dai due insieme a João Gilberto, terzo padre ideale della bossa nova in un ristorante di Copacabana, l’Au Bon Gourmet.

La versione inglese fu interpretata da tutti i grandi, a partire da Sinatra, ma quella più nota è di Stan Getz e Astrud Gilberto; l’album da cui era tratta rimase in classifica per novantasei settimane, il singolo vendette milioni di copie. Astrud Gilberto nell’immaginario collettivo sostituì Helò come ragazza di Ipanema, anche se la canzone non era stata scritta per lei, ma per una ragazzina bellissima che solo molti anni più tardi seppe di essere stata l’oggetto del desiderio di due leggende della musica brasiliana.


(Tratto da Massimo Cotto - We will rock you BUR)