Devo ammettere che anche a uno come me, che di auto, moto e motori si ne impippa bellamente, la vista della fabbricona della Ferrari a Maranello esercita un certo fascino.
Te la vedi spuntare sotto il naso appena entrato nella cittadina: grande e grossa, grigia e verticale, metallizzata e luccicante come una marmitta.
E anche lasciatala alle spalle, poco cambia: Maranello odora della Rossa in ogni angolo, bar o marciapiede.
Il mito abita qui.
Un mito futurista, d’accordo – zang, tumb, tumb, la potenza dei cavalli come “2000 shrapnels sbracciarsi esplodere” – ma pur sempre un mito. Impossibile non respirarlo.
In quello che è ormai diventato il mio breviario locale, si parla molto della passione per i motori (auto e moto, con nobile indifferenza) degli emiliani.
Un vezzo di pianura forse.
Nelle lunghe vie dritte che traversano le campagne come lame, me li vedo quegli stalloni meccanici sfrecciare a tutta velocità (oggi molto meno, con tutti i controlli elettronici che ci sono).
Tra la via Emilia e il west, appunto.
A tutta birra, magari per raggiungere la propria bella al paese vicino. Che la strana coppia donne & motori forse trovava proprio qui la sua apoteosi: nella improponibile mistura di oli meccanici e tortellini in brodo, cuscini e cuscinetti, grassi animali e lubrificanti vari, cosce e galoscie (e giusto per concludere, anche se c’entra poco: “nebbia e locali a cui dai del tu”).
Forse.
Di sicuro è nato qui il detto davvero programmatico: “Prima la sposi, poi la Guzzi” (rossa pure quella, anche se originaria di Mandello del Lario, su dalle parti del lago di Lecco).
A Modena, in via Paolo Ferrari 85, a poche centinaia di metri dalla Maserati, c’è pure la casa natale del mito in persona.
Lui. L’Enzo. Il Drake (all’emiliana, con la “e” larga, drèik).
La casa con annessa la sua prima officina meccanica che, dicono, in certi giorni emani ancora certi odori di motori spessi come la nebbia che in questi giorni ha già cominciato a calare prepotente giù nella Bassa, fuori città.
Adesso è in ristrutturazione perché ci faranno un museo, e non si può visitare.
E chissà se, una volta pronto, qualche documento riporterà alla memoria quella volta che Ferrari non fece sconti nemmeno al capo del fassismo in persona, il cavalier Muslèn, che ebbe l’arroganza di sfidarlo a bordo di un’Alfa in una disfida iniziata a Modena e conclusa a Sassuolo.
Il Duce mangiò tanta di quella polvere che alla fine fu costretto a piegarsi all’evidenza: “Lei, Ferrari, mi ha dato una lezione di guida”. Che detto da un romagnolo ad un emiliano, è già un bel dire.
Alla Modena della "motoristica" ha reso omaggio perfino un romano come De Gregori, con la bellissima “Viaggi e miraggi”:
“E andiamo a Genova coi suoi svincoli micidiali
O a Milano coi suoi terrori settentrionali
Oppure a Modena coi suoi motori fenomenali
O a Bologna, Bologna con i suoi orchestrali”.
D’accordo - come ho cercato di dimostrare - Modena la racconta anche abbastanza giusta. Ma su Bologna non ci siamo proprio: la Dotta, più che come la città degli “orchestrali”, è nota per essere la città delle tre “t”. Le torri (così falliche), i tortellini e le tette.
Roba veramente carnale.
Tanto che son convinto i modenesi, nonostante la rivalità storica dai tempi della secchia rapita, preferissero rombare coi loro potenti mezzi meccanici verso quelle parti, che a ovest in direzione Reggio e Parma.
In Guzzi naturalmente.
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