Hobsbawm spiega come nell'iconografia rivoluzionaria e progressista dell'800 la donna discinta, quando non nuda, fosse rappresentativa del processo di liberazione dal giogo del passato.
L'esempio più classico?
La pettoruta Marianna repubblicana dipinta da Eugène Delacroix ne "La libertà che guida il popolo".
Nel tempo poi, man mano che queste istanze di cambiamento o riuscivano più o meno a raggiungere i propri obiettivi (le varie rivoluzioni liberali che hanno attraversato tutto il XIX° secolo) o assumevano forme di lotta organizzate (il socialismo), l'iconografia classica è lentamente mutatata, per così dire, di genere.
La nuova icona?
L'operaio a petto nudo che, madido di sudore, mette a disposizione della Causa le proprie braccia nerborute.
La donna, camicetta abbottonata fino al collo e fazzoletto in testa, torna ad essere (come è sempre stata per il cattolicesimo) la casta e fedele "compagna" dell'artefice del sol dell'avvenire.
A parte adempiere - ça va sans dire - allo storico compito di mettere al mondo tanti piccoli pionieri a loro volta votati alla costruzione del radioso futuro.
Per farla breve: il moralismo rosso non ha mai avuto nulla da invidiare a quello cattolico.
Né ai tempi della contrastatissima (dal PCI) relazione tra Palmiro Togliatti e Nilde Jotti, né oggi che la indiscutibile deriva berlusconiana offre nuova corda alle tante mariegoretti dell'utero è mio e me lo gestisco io.
Personalmente, da emiliano (acquisito), opto per la cooperazione.
Il manifesto del PD di Roma per la Festa dell'Unità (la foto non è nemmeno scattata da loro, l'hanno presa da Internet, qui) |
Delacroix: La libertà che guida il popolo |
Una statua d'epoca comunista in Ungheria (fonte) |
1 commento:
completamente d'accordo. bel post.
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